Dimagrimento

Dimagrimento

Molte delle diete mirate esclusivamente a perdere peso non valutano cosa si stia perdendo, se massa grassa o muscolare oppure solo acqua. Nel caso in cui questa perdita fosse determinata da una riduzione della massa muscolare (quella metabolicamente attiva), la conseguenza è l’abbassamento del metabolismo basale, cioè il dispendio energetico necessario per mantener le funzioni vitali. Questa condizione è la causa del perché molto spesso ci sia la tendenza a riprendere i chili persi sotto forma di grasso e, successivamente, a perderli più difficilmente.

Ciò che normalmente viene proposto per il calo ponderale è una dieta ipocalorica in cui tutti i macronutrienti e quindi le calorie totali giornaliere, vengono ridotte drasticamente.

Facciamo quindi chiarezza:

Il primo step è quello di vedere il corpo umano non solo come una macchina brucia calorie ma come un organismo complesso che risponde a degli stimoli. Se pensiamo alle riserve energetiche del nostro corpo, possiamo considerare quelle del glicogeno (formato da unità di glucosio) facili e veloci da gestire, quelle di grasso nel tessuto adiposo molto più capienti ma molto più difficili da svuotare. Quindi, il pensiero lineare che tutte le calorie che entrano e che sono collocate come semplici riserve possano uscire in maniera proporzionale, anche in relazione all’esercizio fisico, inizia a vacillare.

Il secondo step è quello di familiarizzare con un ormone che ha il ruolo di attore principale nel modulare le riserve e decidere quando ampliarle o meno: l’insulina. Quando si fa un carico abbondante di energia sottoforma di carboidrati, l’insulinemia (cioè la quantità di insulina nel sangue) sarà elevata e questo verrà interpretato dall’organismo come uno stimolo inibente l’utilizzo delle riserve energetiche di grasso e, pertanto, ci saranno meno calorie in uscita rispetto a quelle in entrata.

Ne consegue che, con o senza attività fisica, seguendo semplicemente un regime ipocalorico ma stimolando costantemente l’insulina con un solo carburante (soprattutto carboidrati), sarà notevolmente più difficile la mobilitazione delle riserve di grasso dal compartimento adiposo ed il corpo entrerà in modalità di difesa, riducendo le calorie in uscita.

Il terzo step rimane quello di considerare sempre la composizione corporea, come abbiamo già detto.

Succede molto frequentemente che a guidare l’andamento di una dieta e delle scelte alimentari siano il numero letto sulla bilancia. Nei primi mesi di un regime ipocalorico avviene il tanto sperato calo ponderale. Ciò che però accade, nella stragrande maggioranza dei casi, è la perdita non solo di tessuto adiposo ma anche di massa metabolicamente attiva, la cosiddetta massa magra. Nei casi più importanti si può arrivare a parlare anche di sarcopenia. Questo segnale porta il corpo ad attivare meccanismi di compensazione: nel tentativo di contrastare il deficit di tessuto magro viene depositato più grasso che risulterà essere in eccesso, anche in soggetti apparentemente magri. Inoltre, gli stimoli ricevuti fino a quel momento sono quelli di risparmiare energia: il corpo non è capace o pronto ad usare energia dal tessuto adiposo.

Una possibile soluzione a questi “intoppi metabolici” sarebbe quello di educare l’organismo, i mitocondri (le centrali energetiche delle cellule) e il metabolismo a familiarizzare con diversi substrati energetici (soprattutto carboidrati e grassi). Questo per potenziare la capacità di utilizzarli entrambi adeguatamente, a seconda delle esigenze, della disponibilità e del momento, con lo scopo di raggiungere il massimo grado di adattamento metabolico. In sintesi, parliamo di “flessibilità” metabolica.

Ma come raggiungerla?

  • avendo un’alimentazione personalizzata e ciclizzando i macronutrienti in base alla propria routine di allenamento
  • svolgendo la giusta attività fisica e concedendosi i giusti tempi di recupero

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